Un vademecum per chi va in pronto soccorso per l'emicrania

P come PRONTO SOCCORSO ed emicrania

Quando il dolore di un attacco di emicrania è ingestibile perché ci tormenta da giorni senza sosta nonostante i farmaci sintomatici (triptani e/o FANS), quando nausea e vomito non si placano e diventa impossibile sopportare oltre, andare al pronto soccorso è un’opzione che prendiamo in considerazione pur sapendo che molto probabilmente saremo un codice bianco (verde quando siamo molto fortunati/e) e quindi potremmo dover aspettare diverse ore prima di essere presi/e in carico dal personale ospedaliero.

Dato che sono stata al pronto soccorso diverse volte e spesso leggo i vostri racconti in merito, ho pensato di scrivere questo articolo per avere sempre a portata di mano un vademecum.

Prepararsi all’attesa (e ai trigger)

La sala di attesa del pronto soccorso è il posto peggiore in cui stare quando si ha un attacco di emicrania che, come sappiamo, di solito è anche accompagnato da nausea e/o vomito, fotofobia, fonofobia e osmofobia.

Siate, quindi, pronti/e a un ambiente caratterizzato da tutti i nostri potenziali trigger perché di solito è caotico, pieno di persone che parlano ad alta voce (e urlano anche), con luci accecanti, odori di ogni genere (disinfettanti e quello che io definisco “l’odore di esseri umani”) e un via via continuo di gente che a confronto viale Ceccarini a Riccione impallidisce (sono molto rare le occasioni in cui il pronto soccorso è deserto).

Anche se trovare un ambiente confortevole in pronto soccorso è un’impresa titanica, vi suggerisco di:

  1. provare a chiedere di poter attendere almeno sdraiati/e su una barella in un angolo meno affollato possibile
  2. munirvi di tappi per le orecchie
  3. avere con voi una mascherina chirurgica (obbligatoria ormai) che vi salva dagli odori oltre che dal COVID
  4. procurarvi una mascherina per gli occhi (quella che si usa per dormire) oppure gli occhiali da sole
  5. portarvi dietro il ghiaccio da tenere sulla testa per alleviare il dolore o chiederlo al personale medico
  6. chiedere una bacinella (o qualsiasi altra cosa che hanno a disposizione) sempre utile in caso di vomito.

Essere pronti/e a fare i conti con pregiudizi e stigma

Non sono mai andata al pronto soccorso per vergogna, temevo mi avrebbero mandata a casa deridendomi perché si trattava solo di un mal di testa

L’emicrania è la quarta causa di accesso al pronto soccorso in Italia e, secondo i dati raccolti, il 91% delle persone che vanno in ospedale per il mal di testa soffre di una forma di cefalea primaria. Eppure, nonostante questi numeri confermino quanto questa malattia neurologica sia diffusa, andare al pronto soccorso per una persona che soffre di emicrania spesso significa comunque fare i conti con lo stigma “è solo un mal di testa”.

Questo accade perché i medici del pronto soccorso

  1. non sono specializzati in neurologia, lo sono ancor meno sulla nostra malattia e non hanno familiarità con chi ne soffre (a meno che, rare eccezioni, non siano loro stessi emicranici o abbiano familiari che ne soffrono)
  2. non ci conoscono e non conoscono la nostra storia clinica nel dettaglio
  3. devono far fronte a numerose emergenze che spesso hanno una priorità maggiore rispetto alla nostra cefalea e, loro malgrado, non hanno tempo sufficiente per approfondire la nostra situazione.

Fare i conti con l’ennesima persona che fa fatica a comprenderci proprio quando ne avremmo bisogno, lo so, è sfiancante e frustrante; ricordiamoci, però, che il nostro obiettivo è ottenere una terapia sintomatica che blocchi il prima possibile il dolore e, se riscontriamo sintomi diversi dal solito, capire se si tratta della nostra tipica cefalea oppure no.

Portare con sé la documentazione medica

Al momento del triage, dato che siamo nel pieno di un attacco di emicrania, parlare e spiegare per filo e per segno tutti i nostri sintomi e la nostra diagnosi non è semplice, però è fondamentale.

Se i sintomi del nostro mal di testa non sono anomali e non sono diversi dal solito, chiarire fin da subito che soffriamo di una forma di cefalea primaria già diagnosticata ci eviterà trafile e attese inutili per esami strumentali (TAC e risonanze) di cui non abbiamo bisogno.

Se, invece, notiamo qualcosa di diverso, dovremo fornire tutti i dettagli necessari che permettano ai medici di individuare altre eventuali cause e intervenire con la terapia corretta.

Quindi è indispensabile portare con sé:

  1. la lettera del/della neurologo/a rilasciata durante la visita in cui è scritta la diagnosi e tutte le informazioni sulle caratteristiche e i sintomi della nostra malattia;
  2. il diario della cefalea, altro fondamentale strumento in grado di fornire dettagli sull’andamento del nostro mal di testa e di far emergere anche eventuali anomalie;
  3. l’elenco dei farmaci sintomatici e di profilassi che assumiamo con il dettaglio di quelli che per noi sono efficaci/inefficaci e quelli per cui abbiamo allergie, oltre a una lista di farmaci che ci sono stati somministrati in altri eventuali ricoveri al pronto soccorso.

La lista dei medicinali ci aiuterà a dare indicazioni ai medici del pronto soccorso (che quasi sempre non conoscono le linee guida terapeutiche sull’emicrania) sui trattamenti farmacologici possibili e a evitare che ci vengano somministrati oppiacei, sedativi o paracetamolo che nella maggioranza dei casi sono inefficaci.

Portare con sé una persona fidata che conosce la situazione

Anche se in tempi di COVID in pronto soccorso spesso non è consentito essere accompagnati/e, avere una persona fidata al proprio fianco (o comunque che rimanga reperibile nei dintorni) è fondamentale perché:

  1. guidare durante un attacco di emicrania o dopo essere stati dimessi/e è pericoloso;
  2. se l’attacco è molto pesante al punto di non avere la forza e la lucidità necessaria per parlare, al momento del triage la persona che ci accompagna potrà spiegare cosa ci sta accadendo e consegnare la nostra documentazione al personale medico.

Dopo le dimissioni, avvisare il medico di base e il/la neurologo/a

Una volta tornati/e a casa è importante avvisare il medico di base e soprattutto lo/la specialista che ci segue: oltre a inviare una copia della lettera di dimissioni in cui sono riportate le terapie somministrate e gli esiti di eventuali esami diagnostici, è importante aggiornarlo/a con tutti i dettagli relativi a quello specifico attacco di emicrania così che possa valutare se è necessaria una visita di controllo e una revisione della terapia.

Se non si è già seguiti/e da un/una neurologo/a, potrebbe valere la pena fare una visita per importare un percorso terapeutico che vi aiuti a gestire gli attacchi e a evitare il più possibile di dover andare al pronto soccorso.


Negli ultimi anni ho cercato di evitare le gite al pronto soccorso, ma in casi estremi queste sono le strategie che ho messo in atto le volte che non ho potuto farne a meno e spero vi possano essere utili. Sono molto curiosa di conoscere le vostre esperienze e i vostri suggerimenti: vi aspetto nei commenti dell’articolo oppure sui miei profili social.

Gli altri articoli del blog che potrebbero interessarvi…

2 commenti su “P come PRONTO SOCCORSO ed emicrania”

  1. Sono stata in pronto soccorso due volte per attacco di cefalea fortissima. Ho detto che ero una paziente del centro cefalee. Tutto quello che ho ottenuto è stata una visita psichiatrica e un forte sedativo in vena. Con il risultato di avere al mio risveglio, cefalea quintuplicata. Mi sono arrabiata con il medico del p.s. e me ne sono andata piangeno. Non mi sono sentita capita.

    1. Portare la documentazione con sé è indispensabile perché purtroppo in quel contesto essere ascoltate è davvero un’impresa e soprattutto dobbiamo avere la forza d’animo per rifiutare trattamenti farmacologici inutili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: